Il Bar Marisa del VCB

Intervista al nostro Presidente Onorario Leonardo Domenici

Ecco una lunga intervista rilasciata dal nostro Presidente onorario, l’ex Sindaco Leonardo Domenici al Corriere Fiorentino il 7 Marzo 2020

https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/20_marzo_07/nuovo-stadio-viola-piana-campi-firenze-siano-alleate-b67162ce-607d-11ea-891c-c3526ef66801.shtml

Image may contain: 2 people

«Rompo il silenzio solo per amore della Fiorentina». Leonardo Domenici, ex sindaco di Firenze, ex eurodeputato, parla di stadio. In realtà, aveva deciso di farlo con il Corriere Fiorentino prima del no ufficiale all’operazione Mercafir da parte di Rocco Commisso. «Poco male — dice Domenici — le cose successe non cambiano il quadro. Credo che la soluzione migliore per lo stadio, per Firenze e per la Città metropolitana sia farlo, nuovo, a Campi Bisenzio. Un progetto in correlazione tra i due Comuni».

Domenici parla come ex sindaco? O come primo sindaco che propose di costruire il nuovo stadio a Castello nel 2008?
«Ma neanche per idea. Parlo solo come tifoso, che ama la sua squadra».

E che idea si è fatto della vicenda nuovo stadio?
«Premessa: non faccio più politica attiva e non parlo di situazioni locali da tempo. Ma, nella mia veste di presidente onorario del Viola Club di Bruxelles, mi hanno chiamato a parlare del nuovo stadio e il dialogo con tanti tifosi mi ha aiutato a capire davvero quello che pensavo. Parlo perché vorrei, per amore della Fiorentina, dare un contribuito di idee. Se si vuole attingere bene, senno è lo stesso. Lo faccio con spirito costruttivo e sperando di fare cosa utile».

Ok, partiamo: da dove?
«Dalle origini: come è nata 12 anni fa questa questione? Lo stadio va fatto con tutto ciò che di connesso ci può essere per far compiere un salto di qualità alla Fiorentina. E per reperire risorse a questo scopo».

Quello che ha ripetuto Rocco Commisso nella lettera dell’addio al bando Mercafir.
«Non lo conosco, però mi sta simpatico. Ma anche i Della Valle facevano un ragionamento analogo. Investire per avere redditività e portare stabilmente la Fiorentina nel giro che conta: coppe europee e a livello nazionale almeno tra le prime 6. Però attenzione».

A cosa?
«C’è un punto da affrontare, che è anche la causa dei malintesi — chiamiamoli così — di 12 anni fa».

Quei «malintesi» causarono un’inchiesta che cancellò il progetto dello stadio, l’operazione Fondiaria a Castello e mezza classe politica fiorentina… Tutti assolti o prescritti, nel frattempo.
«Chiamiamoli malintesi rispetto alla legittima domanda del perché una istituzione pubblica si debba occupare di questo problema, di come valorizzare una società di calcio».

Che è privata…
«Sì: ma una legittimazione c’è. Molte società, e la Fiorentina è tra queste — sesta squadra italiana come bacino di sostenitori — sebbene siano private, sono patrimonio pubblico di un territorio. La riprova è che non solo c’è ricaduta economica, di immagine e identità, ma viene riconosciuto anche giuridicamente che ci sia questo legame».

Come quando, dopo il fallimento della Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, il titolo sportivo passò al Comune.
«Esatto, e dopo è diventata prassi legislativa. La Figc dette il titolo sportivo al sindaco della città, riconoscendo de facto che in un momento di crisi della proprietà era la città che si doveva far carico di quel titolo sportivo».

E quindi?
«Occorre andare verso un dibattito diverso rispetto al solo “dove” fare lo stadio e affrontare problemi reali: cioè di quali strumenti si dota un ente pubblico per assicurarsi che la redditività di un investimento, come quello di cui si parla, sia destinata effettivamente al finanziamento della società di calcio e non al privato profitto. Non riguarda la persona di Commisso: andrebbe fatto chiunque fosse il proprietario della Fiorentina. Immagino una società autonoma (una sorta di “fondazione”) che gestisca lo stadio e ciò che ci sta intorno, sulla base di una convenzione trasparente stipulata con gli enti pubblici. Uno strumento che abbia il compito di indirizzare i ricavi di questi investimenti esclusivamente alla valorizzazione dei viola. Certo, bisognerebbe mettere al lavoro una squadra di esperti per studiarne la forma giuridica appropriata».

E la seconda questione?
«Qual è il territorio e l’area urbana dove può apparire ragionevole realizzare il nuovo stadio? Per i problemi che conosciamo, per il fatto che alcune aree non sono più utilizzabili, l’ipotesi di Campi è una idea del tutto appropriata».

Farà arrabbiare qualcuno a Firenze…
«Non è mia intenzione, il mio obiettivo è dare un suggerimento per la Fiorentina e la città. Da quello che ho capito, ma si esprimeranno meglio gli amministratori di Campi, non vedo una grande differenza sui tempi rispetto alla Mercafir. Ma facciamo un passo indietro: il problema si risolve nella misura in cui non abbiamo un solo soggetto, ma due soggetti, cioè sia il Comune di Campi che di Firenze, saranno attori del progetto».

In che modo?
«Firenze e Campi lavorino insieme, diano vita a una società di scopo che unisca la massa critica e la forza negoziale del capoluogo, con la disponibilità del Comune di Campi ad ospitare lo stadio. Una società per gestire tutta l’operazione».

Per avere lo stadio a Campi, occorrono molte infrastrutture pubbliche.
«E questo è un tema della Città metropolitana, il cui sindaco è anche il sindaco del capoluogo. Io ero contrario a fare uno stadio fuori da Firenze, quando c’è stato il fallimento. Ma ora che c’è la Città metropolitana, tutto cambia. Un’operazione di questo tipo rende tangibile il senso della Città metropolitana. E dobbiamo far diventare la Viola la squadra fiorentina che va oltre Firenze. Siamo sicuri che la maggioranza dei tifosi risiedano a Firenze? Mi vengono in mente gli amici del Viola club di Bruxelles: chi di Spezia, chi di Siena, altri ancora non fiorentini doc».

E l’ipotesi del restyling del Franchi?
«Cosa puoi fare, che investimenti puoi fare, in una zona così densamente popolata come Campo di Marte? Il punto è che tipo di progetto associo al salto di qualità alla Fiorentina. Col Franchi non c’è cambio di dimensione, resti quello che sei».

Volevate utilizzare questa idea della «fondazione» anche per lo stadio a Castello nel 2008?
«Ne parlammo con i Della Valle: allora volevamo accelerare i tempi per la scadenza della candidatura per gli Europei. Cambiò il governo, smisi di fare il sindaco, gli Europei andarono altrove».

Ma se si dovesse ricominciare daccapo, oggi, c’è un posto perfetto?
«Il posto dove era logico fare lo stadio è a Castello, ma ora non sono in grado di esprimermi, non ho informazioni. La verità è che a Firenze, a volte, si fanno le cose all’incontrario. Discutiamo di fare lo stadio a Campi e di ampliare Peretola. Invece, l’aeroporto doveva essere a Campi e lo stadio a Peretola. Ma questa è una città complessa».

Quando i Della Valle hanno venduto la società, vi siete sentiti?
«Gli mandai una mail: fate le cose per benino. Non c’era bisogno, mi disse quello che ha detto a tutti: aveva varie offerte, questa neanche era la più vantaggiosa, gli sembrava la più affidabile».

Il nuovo stadio si farà?
«Io non penso: lo spero. Sono qua a parlare per la prima volta dell’argomento dal 2008 perché spero si faccia. Ho avuto la fortuna di assistere a uno scudetto della Fiorentina. Ho visto una Coppa delle coppe. Sono anziano, mi piacerebbe vedere qualche altro successo».

Ok, ribaltiamo la domanda: è fiducioso si faccia?
«Dario Nardella è un amministratore trasparente, prudente, merita fiducia e spero di aver detto cose che gli possono servire. Lo capisco e gli sono nel cuore: vedo una continuità amministrativa tra Primicerio, me e Nardella. Persone normali».

E con Matteo Renzi no?
«Lì siamo nel campo del fenomenale: una esperienza taumaturgica».

In senso filosofico?
«Sì».7 marzo 2020 | 15:37© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.